osservi scrosciare la sera,
raccolta dal vetro
d’antica forma di chiglia
capovolta,
sosti in un tu premesso
in un’idea preziosa,
calendario di armonie.
la pioggia picchietta
di tenui pronunce
sul cristallo gibboso,
tra anfore, vaselli, bronzi,
credenze d’ebano.
lo squisito lavoro dei dettagli
è un tragitto dell’occhio,
una piccola patria
che ti recupera.
maschere posano sul muro
come volti dichiarati,
figure del viso
che puoi prendere.
sei un attimo spiovente
che arriverà già arrivato,
come bava di un’ora
trascorsa.
in quel lungo unico turno
che si dura,
il buio articola
le dimensioni.