incustodito

giunto ai bordi dell’ego
ti deporrai.

l’ufficio

compreso 

nei pendolari disturbi, 

nella corrente ordinaria

degli individui, 

l’ufficio regola un dominio 

di procedure coerenti; 

qui pure la mente
si fa applicazione,

e il lavoro è solo un moto
che scivola.

ho cercato
i passati
della luce

tra i muri

dentro pareti chiuse
che creano un luogo
gli sguardi si impigliano
si allacciano di percorsi
ingresso l’uno dell’altro
lasciando un transito
una lunghezza.

prediligi ghirlande
di putti
a esatti concetti.

due cieli

due cieli 

si approssimano distinti. 

da una parte un disegno
che ribolle rosa, rubino,
e il moderno trivio  

che li somma;
dall’altra
una coltre di paglia
che trasporta il tramonto
come paralume diffuso.

insieme si eleveranno
si figlieranno sospesi
in un unico cielo.

lo stato

eri lo stato nudo
la movenza acerba
eri il momento esatto
della mia vita.

addio

così allenti la mia immagine

che ora si sfalda e si vuota, 

l’immagine compiuta assieme.

credulo

credi a ciò
che ti chiede
di credere.

avvero
lo spazio.

conto il pensiero
che diventa tempo.

troppo tempo

non rimedio l’ora  

da aggiungere

nel soggiorno  

di pareti invariabili,

di aria ripetuta

e passi ripetuti,

dove il tempo 

si produce, 

lo spazio 

si fa elenco. 

hai steso lumi
in un letto docile
hai preso un movimento
adagiandolo
in un’immagine

temporale /1

il cielo ammassato d’oscurità
è un volto sospeso,
ogni tuono è quel viso
ogni lampo ne illumina l’urlo.

un tomo virtuale 

è un non spazio 

leggibile. 

ti guardavo
fuori dagli occhi
ma non c’eri.

l’al

sei l’al
di là
di me.

la mia voce

un mare di voci
mi affolla.
non c’è la mia
ma una scelta
delle altre,
non ci sono io
ma il mio spoglio.

Angelica

un secondo fa
eri un pensiero.

un colore

 
nel bruno rossiccio 

riconosce un colore 

duttile

che vi si trattiene,  

mentendo.

tornano

di lei tornano
la musica e un tempo
di tanto tempo fa.