siamo qui
come spazio concluso.
il cortile apre
un teatro notturno
di raccordi e fughe,
di code e rilievi,
gradini e passaggi,
di logge, nicchie, gallerie,
di statue e tremule cavità.
siamo il volume
speculare dell’ornamento,
delle soglie, degli sbalzi,
i volti architettonici
di una platea.
è una compagine
che ricovera l’attesa,
seduta a produrre risonanza,
esegue la forma diafana
di un sistema.
ed ecco piove
una nervatura di suoni,
un coro di orbite complesse,
una misura armoniosa.
è la proporzione delle voci,
di simultanei soliloqui
in un corpo.
si versa un senso
e irradia onde
che non domini.
è un fenomeno
che non ha superfici,
un oggetto senza abito,
è l’abito stesso nudo.
quando infine si asciuga
non c’è niente:
una memoria labile,
un percorso di polvere.
cosa scende con la voce,
cosa si dice, cosa traduce?
le domande anch’esse
si perdono nel fumo.
la musica è stata.
non saprei se la musica
mai
sia.