dell’opera

l’istante dell’opera
è concluso e iniziale,
è il traguardo
a cui ti levi.

la chiosa

l’uomo preferì al tramonto
il problema del tramonto,
il paesaggio seduto quadrato
tradotto
viaggiato di letture.

il costo

i milionari andranno ottimizzati,
sostituiti con robot milionari.

adoriamo
adorare.

il basso ritratto

componi meticolosa 

la raffigurazione 

su cui sopravvivere,

che ti tiene utile,

subordinato 

in altri registri.  

quei giorni

le stagioni

in cui mi parlavi 

rimangono sveglie. 

discorrevi usando 

l’acuità del viso, 

con gli occhi ordinati 

di azzurro, 

turbinanti di esattezza. 

spiegavi la voce 

esplicita, 

il sonoro carattere 

che mi chiamava

sublimando 

le mie lontane identità. 

mi legavi 

a calibrazioni pulite, 

misuravi gli argomenti 

accurata, 

e intanto 

in mezzo alle frasi 

avveniva uno spazio. 

ci parlavamo,

coprendoci nei colloqui,

rimanendo 

dietro il dialogo,

senza coglierci 

o sfiorare una lettura. 

forse neppure potevi, 

forse neppure io. 

e così 

diventammo nulla,  

negammo l’arco gettato 

tra di noi, 

e i giorni finirono 

mai finiti. 

eri la parte esclusa, 

la scala impossibile, 

eri i lati 

di chi ha un centro 

indiretto, 

di chi lo elude.

beneficio

l’economia è essenziale
per comprare l’economia.

la barca al ritorno

ritorna la barca  

sorreggendosi sulle luci 

attenuate 

crespe e delebili 

dell’azzurro.

veleggia sull’ora

che sbiadisce

già confusa nello sfondo, 

le onde 

la portano nella notte 

che suscita sogni 

in germe,

innominati.  

circostante

queste parole
si diranno.

osservazioni

traccia brevi sorvoli
come breve è lo sguardo,

dammi la rapida voce. 

il filo volante

sai dire
il blu?

gli sgorbi

non lotti contro 

membrane dispotiche 

o pasticciando 

eque cittadinanze:

scrivi su ognuno,

sulla pace, 

lasciando 

la pochezza spaziale. 

l’organo

mostrano una scatola 
che contiene
la proposta dell’involucro,
la musica
che ascolta l’apparecchio.