dietro cortine amorfe
specula la donna remota.
ritorna agli accenti
sensibili,
alla città che vibra,
alla frequenza d’onde
dei corpi.
ordina il suono vagante,
la punteggiata presenza,
i limiti e le strade pure,
mentre gli occhi captano
chiazze pallide
di un plasma sfocato.
apprese dall’inizio
il racconto visibile:
zuppa di linee
che esaudisce le superfici;
la vista, sentita
a suo modo,
come reticolo,
alternanza, rimbalzo,
raccolta e abbreviata
in una camera personale,
codificata
di qualità uniforme.
da subito
le insegnarono il colore,
gli esuberanti toni
del fenomeno:
picchi
di modulazioni peculiari,
sbaffi
con un richiamo distinto,
voci confinanti
che accrescono.
lei prova
il misurato fremito,
il contorno e carattere,
le valli e le alture affondate
nel mare della sostanza,
ingombro che disegna in sé.
solo nell’esclusione trova,
solo nella censura
ha sguardo.
dietro l’invisibile
se ne sta diffusa,
lunga facoltà,
per farsi condizione diretta
plenario ascolto.