15 dic 2011

II. cecità


dietro cortine amorfe    
specula la donna remota.
ritorna agli accenti 
sensibili, 
alla città che vibra,
alla frequenza d’onde
dei corpi.

ordina il suono vagante,
la punteggiata presenza,
i limiti e le strade pure,
mentre gli occhi captano
chiazze pallide 
di un plasma sfocato.

apprese dall’inizio 
il racconto visibile:
zuppa di linee
che esaudisce le superfici;
la vista, sentita 
a suo modo,
come reticolo,  
alternanza, rimbalzo,
raccolta e abbreviata 
in una camera personale, 
codificata    
di qualità uniforme. 

da subito 
le insegnarono il colore, 
gli esuberanti toni 
del fenomeno:
picchi 
di modulazioni peculiari,
sbaffi 
con un richiamo distinto,
voci confinanti 
che accrescono.

lei prova 
il misurato fremito, 
il contorno e carattere, 
le valli e le alture affondate 
nel mare della sostanza, 
ingombro che disegna in sé.
solo nell’esclusione trova, 
solo nella censura
ha sguardo.

dietro l’invisibile   
se ne sta diffusa, 
lunga facoltà,
per farsi condizione diretta
plenario ascolto.