dove si trova
il deposito irrevocabile,
l’approdo
senza rimandi,
che conserva
la manovra chiara,
cesellata,
dell’evento?
dove si fronteggiano
definitive le mosse
e si fanno,
in quella rappresa
densità,
dimensione
che ricopri,
nel cuneo
che ruba il limite?
dove riposa la sorte
che circondi,
dove eludi
in continuo svaporare
l’opera?
dove confini
l’ultima scatola,
la scorza indifferibile
delle cose?