14 giu 2013

nella torre


nella torre sul dirupo 
a precipizio sotto il sole 
tra un vasto 
abbandono di flutti, 
il vecchio artigiano 
provava la bellezza. 

con il filo e il legno 
e la carta e lo stilo 
collimava la sintonia 
ripeteva la cadenza 
sfogava il peso dell’opera: 
l’interno e l’esterno 
che si premono. 

il giorno passava 
nelle ore impellenti  
nell’alacre arte 
nei lenti compiti operosi. 
l’artigiano, paziente, 
sconosciuto agli sguardi, 
abbozzava e rammendava  
il suo studio, aggiustava 
il suo stesso progetto di uomo. 

la forma aveva qualcosa di santo 
e irreale, viveva senza nascere 
viveva vissuta da sempre, 
la forma che trovava 
c’era.

la inseguiva di calma  
formulando un rigore, 
puntellandola 
sui fogli consunti, 
tornendola con gli attrezzi 
rugginosi.
era una bava smagliante
srotolantesi 
in ruga inumana, 
vacillava dallo stilo 
necessaria inevitabile, 
patente grafia di assoluto. 

la forma   
era priva di errore.

alla sera l’uomo, punto recluso 
sotto la quietezza degli astri, 
stagliato tra le acque volubili 
come breve margine del mare, 
ricreò la limpida 
incorruttibile equidistanza: 
nelle sue mani momentanee 
nelle sue mani 
trovò il cerchio.