2 nov 2014

l’anziana sorella


fragile sui passi 
e sospesa, 
l’anziana sorella di Opalka 
si avvicina a quei numeri, 
alla loro bianca infinità. 

la lasciano in vicinanze 
che nessuno percorre, 
padrona di una preghiera, 
qui, nel canuto sfinimento 
dei simboli, 
nel transito concluso 
dell’opera e della vita 
coetanee 
in cui ritrova il fratello, 
la sua anima 
orientata nel rigore. 

toccata di realtà si aggira 
contenendo il luogo, 
il lavoro che impallidisce. 
si muove nella traccia esibita, 
avverte un momento preciso, 
la minuziosa presenza: 
questo è un mausoleo, 
qui c’è lui. 

guarda piano si innesta 
nel ritmo dei quadri, 
ne prende l’indirizzo, 
recupera le azioni  
diramate nelle cifre, 
autrici del suo nome. 
lei lo vive 
ed egli continua, 
campo di energia, 
concentrazione aberrante. 
qui alloggia il loro confronto, 
si alita la simbiosi. 

incerta e malandata 
viene percorsa dal messaggio, 
guarda, non guarda, 
muove la bocca per dire, 
dire il nulla, 
il bianco pianto di silenzio 
che riverbera. 
è attonita debole 
aperta 
costruzione dell’ascolto, 
timorosa di trovare  
una sé stessa non sua, 
calibrata da fuori. 

l’incontro si attenua, 
la stanza diviene reciproca.
la voce di Roman cala 
tra le quantità esangui 
avvolgendola, 
numerandola. 
lei lo prende, abbraccia 
l’uomo che si ricovera 
tra i muri, 
il suo fuoco e risultato. 

e finisce.
 
si scosta dal legame, 
si volta, 
mi passa un cenno intenso 
con occhi forse suoi 
forse duplici,  
e debolmente 
si allontana.