23 apr 2016

Human Mask, Pierre Huyghe


una figura cupa nelle sedi
di un ambiente illeggibile, 
il solo taglio lattescente 
del profilo si comunica. 
ha una maschera 
il viso che recita l’umano, 
ma è una lontana 
creatura ridotta.

è quasi statica, 
lievi circostanze 
modificano il volto. 
ogni angolo della casa 
ogni turbarsi le si rivolge. 
ombre marcate, cavi, 
carrelli, armadi, frigoriferi, 
i pannelli 
di una dimora giapponese. 

ciò che qui si racconta  
è l’osservazione 
della figura e il suo corso 
lungo le luci oscillanti 
di un ricovero, 
un’indagine su gesti allusi,
su cenni appena avvertibili 
di forze.
e quindi il suo agitarsi 
nei corridoi battuti dal rumore, 
la prigione di pioggia 
in cui ripete il suo ruolo
nelle stanze dell’immagine. 

è il proseguire di una storia 
costante
di cui ricevi i soli fenomeni.

non leggi 
una trama che va 
a concludersi, 
non è così che conosci. 
la storia termina ovunque, 
nel riflesso 
nel guizzo nell’ombra, 
nel disporsi di equilibrio 
e di sintomi. 
è l’attimo edificato, 
agito d’intensità derivante, 
l’attimo eseguibile.  
la trama è soprattutto 
l’accostarsi delle cose.