mescolato nel buio
le mani ipotetiche
i percorsi raminghi,
guardi radunarsi
la caligine piovosa,
tenue cadenza
di suono uniforme.
nelle eleganze di stipi
e sete crude
sei come un’ora di vetro.
ma brilla colmo un attimo
il fulgore imprime la terra,
e ti trovi estraneo di luce
il tuo corpo di un altro.
ed è allora che vedi
lo scheletro del cielo,
la notte che si sfolla
rivelandosi giorno
che arretra,
il lato sussidiario,
poi l’attimo sbiadisce
ancora pieno negli occhi
e ritorna scuro, taciuto,
dettagliato d’ombre.