l’anima digiuna
armata dall’enigma,
contratta in uno spigolo.
ti tieni a distanza,
atrofizzata da altre voci,
cedi a ore fredde
a sequenze corrette,
l’incanto si dissipa
in dure discipline.
ti muovi per velare
faville profonde,
ti nascondi
in un sentiero doloroso.
mezze lacrime brillano
mentre ti affatichi
e niente le coglie,
niente
scopre l’angolo sordo
in cui rovini.
ma ora io decido,
ora le tue dita
lunghe si appigliano
all’ultimo istante
radicato,
le dita claustrali
che preziose
tengo.
a M.